La chiusura dello studio per “quarantena” non determina alcuna sospensione delle scadenze fiscali per i propri clienti, non configurandosi un caso di forza maggiore né un evento eccezionale.
In pratica, anche se è in quarantena, il professionista deve continuare a lavorare da casa!
E’ questa la conclusione cui è giunta l’Agenzia delle entrate in un documento di risposta ad un quesito sollevato dall’Istituto Nazionale dei Tributaristi.
A dire dell’Agenzia non c’è alcun automatismo che preveda la “sospensione delle scadenze fiscali e contributive” per i contribuenti assistiti da uno studio professionale di un intermediario fiscale il cui titolare ed i collaboratori siano stati posti in “quarantena”.
Nella risposta, si cerca di far passare questa tesi appellandosi a quanto fin qui emanato dal Legislatore.
Le giustificazioni dell’Ade
Infatti, si legge che le disposizioni e i documenti di prassi fin qui emanati non contemplano la sospensione delle scadenze fiscali e contributive nell’ipotesi in cui l’autorità sanitaria abbia disposto, a carico del titolare e del personale di uno studio professionale, un provvedimento di “restrizione dei movimenti di persone sane per la durata del periodi di incubazione”.
Né si può invocare lo Statuto dei Contribuenti.
Questo (art. 9 Legge n. 212/2000) prevede che con apposito decreto ministeriale è possibile:
- rimettere “in termini i contribuenti interessati, nel caso in cui il tempestivo adempimento di obblighi tributari è impedito da cause di forza maggiore”
- “sospendere o differire il termine per l’adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti interessati da eventi eccezionali ed imprevedibili”.
Eh no: secondo l’Agenzia la chiusura di uno studio professionale che svolge l’incarico di intermediario non è riconducibile ad una ipotesi di “causa di forza maggiore” oppure ad un “evento eccezionale ed imprevedibile”.
Quindi non è ipotesi che legittima la sospensione od il differimento degli obblighi fiscali e tributari riferibili ad un soggetto terzo estraneo al provvedimento sanitario.
Perché concedere la sospensione considerato che il responsabile degli adempimenti tributari e fiscali resta in ogni caso il contribuente/cliente anche se si rivolge e si fa assistere da un intermediario?
In definitiva, nessuna tutela per il professionista che, non dimentichiamolo, dovendo adempiere ad un mandato ricevuto dal cliente e del quale ne risponde anche in sede civilistica, si vede così costretto a lavorare anche da casa per rispettare gli adempimenti e le scadenze.
Il ché, detto così e alla luce del tanto pubblicizzato “smart working” ci potrebbe anche stare, al netto delle enormi difficoltà logistiche che potrebbero sussistere.
Infatti, non dimentichiamo che non tutti gli studi professionali sono totalmente “dematerializzati” e molti hanno i documenti archiviati in modalità cartacea.
E se in quarantena non è il professionista?
Ma, per un attimo, proviamo a ribaltare i termini dell’assurdo pensiero dell’Agenzia delle entrate.
Ammesso e non concesso che la quarantena per il professionista non è causa di forza maggiore o evento eccezionale tale da far slittare le scadenze, in quanto il responsabile dell’adempimento è il cliente/contribuente, cosa accade se la quarantena la deve fare quest’ultimo?
Se seguiamo il suddetto ragionamento, il cliente, unico responsabile di fronte al Fisco, ma bloccato in casa non per suo volere, sarebbe o no impossibilitato ad adempiere?