La domanda è da un milione di dollari: è possibile mettere in atto una politica fiscale incentrata sul contrasto all’evasione fiscale ma che possa introdurre anche tangibili semplificazioni degli dempimenti?
Leggendo l’ultimo rapporto OCSE sull’Italia, diffuso il 15 febbraio 2017, i dubbi appaiono più che fondati.
Il rapporto OCSE
Nel rapporto si afferma che sono numerosi i problemi che affliggono il sistema tributario: un elevato livello di evasione fiscale, numerose esenzioni che riducono il gettito fiscale e un’eccessiva complessità.
Secondo il rapporto della Banca Mondiale “Paying Taxes” basato su un sistema di indicatori che misurano il tempo e i costi destinati all’adempimento degli obblighi fiscali, l’Italia è al 126° posto su 190 Paesi: è uno dei punteggi più bassi tra i Paesi OCSE.
Da cosa dipende questa cattiva performance?
Lo sappiamo tutti, ma l’OCSE ce lo ricorda puntando il dito sull’attuazione parziale della riforma fiscale e sull’innalzamento del tetto dei pagamenti in contanti (come noto è stato portato da 1.000 a 3.000 euro).
Inoltre, le imposte arretrate hanno raggiunto livelli altissimi: a settembre 2015 il totale delle imposte arretrate era pari a oltre 750 miliardi di euro (pari al gettito fiscale annuo delle amministrazioni pubbliche).
Siamo il fanalino di coda in quanto si tratta del un livello più elevato di tutti gli altri Paesi Ocse e del G20.
La colpa, secondo l’OCSE, è delle procedue inefficaci per la riscossione degli arretrati che, quindi, aggravano il problema dello scarso rispetto degli obblighi fiscali.
Ma il vero e proprio tallone d’Achille è l’IVA: il suo gettito è di molto inferiore a quanto dovrebbe essere.
Nel rapporto tra IVA e entrate (definito come differenza tra IVA attualmente riscossa e quella che teoricamente dovrebbe essere riscossa se si applicasse l’aliquota standard alla totalità dei consumi finali) siamo penultimi, prima del Messico, fanalino di coda.
A peggiorare la situazione è lo scarso utilizzo di mezzi informatici essenziale per ampliare l’uso della fatturazione elettronica e migliorare il rispetto degli obblighi IVA.
Le raccomandazioni dell’OCSE
L’obiettivo primario resta quello del contrasto all’evasione fiscale.
E per conseguire questo obiettivo, l’OCSE suggerisce una serie di “ricette” che possono essere così sintetizzate:
- rafforzare la compliance spingendo l’adempimento spontaneo
- riportare la soglia dei pagamenti in contanti da 3.000 a 1.000 euro (lo stesso livello che è in Francia);
- puntare sul contrasto all’evasione IVA;
- rivedere la tassazione degli immobili.
In merito al secondo punto, si auspica un incremento del gettito IVA attraverso il miglioramento del sistema di riscossione e allargando la base imponibile: le maggiori entrate, suggerisce l’OCSE, potrebbero essere utilizzate per finanziare un’importante riduzione degli oneri sociali versati dai datori di lavoro.
Quanto, invece, alla tassazione degli immobili, da un lato viene criticata l’eliminazione dell’ IMU sull’abitazione principale (l’OCSE la considere un “passo indietro” e si aupica che venga reintrodotta) e dall’altro si invita l’Italia ad aggiornare peiodicamente il valore degli immobili (in pratica, si chiede l’attuazione della parte di riforma fiscale che prevedeva la revisione del catasto).
Prospettive future
Alla luce di quanto detto sin qui, sorgono alcuni interrogativi.
L’obiettivo di migliorare il sistema di riscossione dell’IVA e di allargare la base imponibile non va forse a braccetto con i recenti (e gravosi) adempimenti periodici IVA introdotti dalla Legge di bilancio 2017?
E se così è, ciò non si scontra con l’esigenza di semplificare gli adempimenti?
E che dire della reintroduzione di norme (vedi tassazione IMU su abitazioni principali o limiti all’uso del contante) accantonate perché “impopolari“?
Le domande, chiaramente non finiscono qui.
Comunque, una cosa è certa: se si dovesse applicare la ricetta suggerita dall’OCSE, le prossime manovre di bilancio, in campo fiscale, non saranno certo rose e fiori.